In questi giorni di chiusure sempre più restrittive, mi è capitato di seguire più di un webinar, videoconferenza, analisi di report e leggere molti articoli e approfondimenti: in fondo i periodi confusi sono perfetti per studiare e approfondire.
Mi hanno colpito in particolare due “oggetti”: un webinar di Triton (realizzato insieme a True Optik) e la seconda edizione della Audio Digital Survey di Ipsos, per l’Italia.
Triton è una delle grandi piattaforme per la compravendita automatizzata della pubblicità audio, mentre Tru Optik è una società esperta in misurazioni rispetto ai pubblici.
Nel webinar sono emerse alcune cose interessanti: i possessori di smart speaker continuano a comprarne, e molti, e li mettono nelle diverse stanze di casa o negli uffici, mentre inizia a essere possibile costruire modelli di attribuzione che possano seguire gli utenti attraverso diversi dispositivi, rendendo loro disponibile il contenuto (organico e pubblicitario) più gradito e appropriato (Tru Optik monitora le attività dei vari dispositivi ricostruendone utenti e gusti e fornendo a Triton dati puliti e sicuri, ovviamente anonimi).
Ma la cosa più interessante è come il consumo di formati audio stia accelerando. Purtroppo la confidenza del pubblico medio con le curve esponenziali è un effetto anche di questo brutto periodo che stiamo vivendo, ma la curva di esplosione della pandemia abbiamo imparato essere una esponenziale: piccoli incrementi vicini nel tempo che man mano diventano sempre più grandi: il consumo dei formati audio digitali, soprattutto vocali, sta seguendo esattamente la prima fase di quel tipo di curva.
Confrontiamola infatti con l’incremento di utilizzo (negli anni e su utenti mensili) dei podcast segnalato da Triton:
L’andamento appare essere la fase iniziale di una crescita esponenziale.
Ma perché il vostro Technology Pusher parla spesso di formati audio e non semplicemente di podcast?
Da anni, in 22HBG, ci occupiamo di audio: dagli smart speaker alle radio. E proprio negli ultimi mesi di riflessione è nato, tra me e i ragazzi, una sorta di mantra: “Ascoltami mentre fai altro”. Un motto che è finito pure su Forbes per descrivere la nostra attività.
L’incremento dell’utilizzo degli smart speaker per ascoltare l’audio “parlato”, infatti, a mio avviso giustifica il pensare che i formati stiano cambiando, e siano diversi per diversi tipi di pubblico.
Questo incremento non vale solo per il Stati Uniti: uno dei dati più interessanti della ricerca Ipsos sugli ascoltatori di podcast in Italia riguarda proprio l’esplosione degli smart speaker (gli utenti che ascoltano formati audio con questi device sono passati dal 9 al 15% in un anno):
L’utilizzo di questi dispositivi, in cui l’interfaccia vocale la fa da padrona, mi sembra possa segnalare un cambiamento significativo in quello che è l’oggetto “podcast”: ai contenuti tradizionalmente amati si stanno infatti aggiungendo pillole informative, micro-narrazioni da consumare rapidamente mentre si sta facendo altro, frammenti di tutorial per risolvere piccole noie quotidiane: un caleidoscopio di audio diversi per esigenze diverse.
Certo, il formato podcast resta molto amato. Ipsos ci segnala l’aumento dell’ascolto esclusivo, ma quello in multitasking la fa ancora da padrone (con il 77% degli utenti che svolgono altre attività oltre ad ascoltare): nonostante un piccolo arretramento percentuale (ma guardando all’aumento complessivo in valore assoluto, il numero di utenti che “ascolta mentre fa altro” è in crescita, come tutto quello che fruisce di podcast):
Nuovi formati, nuove narrazioni e nuove voci. Chi ci segue sa quanto io ami voci e radio, e le abitudini di consumo ci rivelano che le voci stanno tornando a essere importanti, quasi come nelle radio:
Il legame emotivo tra contenuti e utenti passa anche dalla capacità di una voce di essere vicina, empatica, in target e magari riconoscibile: sono convinto che questo sia solamente l’inizio di un processo e che la voce diventerà un fattore di scelta sempre più cruciale. Se infatti lo spontaneismo può guidare la prima fase di crescita, gli utenti diventeranno sempre più esigenti nella richiesta di gradevolezza di ascolto e appropriatezza del messaggio.
Quando guardiamo alle percentuali, infatti, dobbiamo sempre tenere conto che dietro ci sono numeri assoluti, e in ultima istanza persone vere, come me che scrivo e te che leggi.
E il mix tra appropriatezza del contenuto, interesse del pubblico e legame empatico tra voce e utenti costruisce il silver bullet per attivare il migliore spazio pubblicitario possibile:
Chi ascolta podcast ricorda i messaggi pubblicitari e compie azioni a valle: un po’ perché ancora la pubblicità su questi strumenti è poca, un po’ perché è molto appropriata e maggiormente perché l’audio è uno strumento caldo, vicino, che può costruire una relazione forte con il proprio pubblico.
Che si vogliano raggiungere gli utenti che ascoltano mentre fanno altro, o i malati di podcast in senso stretto, ormai non è più pensabile di ignorare i canali audio, le piattaforme distributive e gli smart speaker.
Un po’ lo dico sottovoce, senza voler eccedere, ma a me, questi numeri e questi grafici, fanno pensare al media di massa più vecchio, e caldo, di tutti: in nuove forme, certo, più adeguate ai tempi e ai gusti degli utenti (specie di quelli giovani): sono però convinto che stiamo per vivere una sorta di Rinascimento della Radio.